INTERVISTA Arch. Massimo Rosolini
Presidente Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della provincia di Latina
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La recente pandemia per Covid-19 ha reso la nostra economia più debole colpendo soprattutto quei settori fermati dalle disposizioni previste per il lockdown: l’edilizia ha pagato senza dubbio un tributo molto alto, registrando tra aprile e giugno 2020 una perdita del valore aggiunto pari a -22%. Introdurre il super bonus pari al 110% sembra una soluzione per andare incontro a un comparto che era già in difficoltà.
Presidente,
Il Decreto Rilancio ha previsto un’aliquota di detrazione fiscale del 110% per le spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021 per interventi specifici in ambito di efficienza energetica, riduzione del rischio sismico, installazione di impianti fotovoltaici e installazione di infrastruttura per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici, per sensibilizzare il cittadino ma anche le amministrazioni sull’urgenza di riqualificare il patrimonio immobiliare del territorio. Quali le azioni intraprese dall’Ordine Architetti di Latina sul tema e quali a livello nazionale?
C’è una grande attenzione a questa novità. Molte speranze e un certo numero di timori. La proposta del Governo è accattivante, ma a fronte di un messaggio semplice che è: “si potrà ristrutturare a costo zero”, applicare la misura richiede procedure e passaggi piuttosto complessi che investono più ruoli, interessi e responsabilità diverse: Il proprietario, o i proprietari in caso di condomini, il tecnico certificatore delle condizioni energetiche dell’edificio, il progettista degli interventi, il direttore dei lavori, l’impresa che effettua i lavori e infine le banche che avranno un ruolo decisivo nell’assumere il credito concesso dalla misura, assumendosi gli oneri finanziari dell’opera. Il credito fiscale che in prima istanza è assegnato al proprietario dell’immobile, può migrare in capo all’impresa ed eventualmente alla banca. Questo non esclude un costo, almeno iniziale, per l’intervento del certificatore e del progettista e per una parte del lavoro per i primi stati di avanzamento. Le responsabilità dei tecnici sono alte perché la condizione per accedere alla detrazione è che il lavoro per il quale lo si richiede abbia come effetto il miglioramenti di almeno due classi della efficienza energetica dell’ edificio e il raggiungimento effettivo del risultato può essere oggetto di controllo da parte dell’ENEA per conto della Agenzia delle Entrate per il tempo degli 8 anni successivi all’intervento. E’ perfettamente logico e giusto che lo Stato controlli perché in definitiva il credito fiscale concesso costituisce un costo per le casse pubbliche e dunque è come se tutti gli interventi fossero finanziati dallo Stato, ma qualunque mancanza di tenuta dell’efficientamento nel tempo, dovuta a cause non perfettamente prevedibili o a difetti nel montaggio può rappresentare pesanti responsabilità economiche in capo ai tecnici. Per questo si prevedono polizze assicurative che tornano ad essere un costo inevitabile per i professionisti.
L’altro aspetto delicato ed impegnativo per i tecnici è l’obbligo di verificare e certificare preliminarmente la conformità urbanistica dell’immobile che si intende adeguare. Procedura inevitabile, ma che comporterà un vaglio attento da parte dei professionisti, dunque un lavoro molto serio che potrebbe concludersi con esito negativo per la prosecuzione dell’intervento, con relativi costi che naturalmente saranno a carico del proprietario che, pur colpevole di difformità urbanistiche, non sarà felice di sapere che non potrà godere del vantaggio del bonus e dovrà per di più pagare il tecnico che lo ha accertato. La cosa poi comporta un’attività di accesso agli atti conservati presso i Comuni che da informazioni recenti che provengono dagli Ordini degli architetti di tutta Italia non è per niente facile e spedita e sta già creando grandi difficoltà pratiche. Noi stiamo richiedendo ai Comuni della Provincia di fare il possibile per rendere snello l’accesso ai documenti necessari. Per questo l’ANCE di Latina ha persino proposto di offrire a sue spese tecnici ausiliari al Comune di Latina per collaborare a questo servizio. Abbiamo sottoscritto, insieme agli Ingegneri e ai Geometri della provincia, la proposta. Contemporaneamente ci preoccupiamo di fare formazione specifica per i nostri iscritti e seguiamo le evoluzioni e gli aggiustamenti del provvedimento, non ultima la possibilità della sua proroga temporale che sembra maturare.
Presidente,
Il Superbonus è una misura che dovrebbe servire per far ripartire l’economia attraverso il rilancio di un settore strategico, come l’edilizia, che in questi anni ha sofferto molto e che è trainante per lo sviluppo. Il tutto in un’ottica innovativa, conciliando la ripresa del settore edile e la sostenibilità: non ulteriore consumo di suolo ma riqualificazione degli edifici mettendoli in sicurezza a costo zero per il cittadino che potrà quindi ristrutturare senza necessariamente anticipare soldi.
Ma gli interventi, se portati a termine senza la guida di un architetto, aggiungeranno plusvalore all’edificio oggetto di riqualificazione? E all’ambiente circostante? Contribuiranno ad offrire un volto nuovo anche ad anonime periferie degradate? Cosa è necessario fare perché si comprenda che in questa fase c’è bisogno di architettura e di architetti che trasformino gli interventi in progetti di qualità anche architettonica?
Per l’approfondimento sono stati previsti appuntamenti formativi in materia?
Questo, come si può facilmente capire, è, per noi, il punto centrale. C’è certamente bisogno di architettura e di architetti. Ce n’è bisogno sempre, in tutti gli interventi che incidono fisicamente sul territorio: In pratica, in ogni costruzione. In ogni trasformazione fisica, in ogni realizzazione edilizia c’è un aspetto architettonico che non si può ignorare, anche se in Italia è normalmente ignorato. Questo aspetto che in termini formali e normativi è racchiuso proprio in quella parte del progetto complessivo di un’opera che si chiama Progetto Architettonico è, o dovrebbe essere, di competenza degli architetti ai quali si dovrebbe chiedere proprio di garantire questo specifico valore agli edifici. È chiaro che se questo aspetto è sottovalutato o ritenuto superfluo, non riconosciuto come essenziale, come purtroppo è abbastanza ordinario che avvenga, c’è poco da aspettarsi da qualunque intervento, e in questo caso anche quella aperta dal superbonus potrà concludersi come un’ altra delle tante occasioni perse per restituire dignità alle città e al paesaggio di un Paese originariamente bellissimo come il nostro. Far comprendere questo non è affatto facile perché richiede un cambiamento culturale più vasto di quello che si può credere. Tuttavia noi siamo impegnati a diffondere la consapevolezza che aver reso un edificio soddisfacente sotto il profilo energetico e dunque economico ed ecologico non vuol dire ancora avergli conferito dignità estetica e civile. C’è un “ecologia” della forma, diciamo così, e dello spazio abitato dagli uomini, che è altrettanto importante. Nelle attività incentivate dal superbonus questo problema si pone con forza e certamente accompagneremo le esperienze dirette con contributi formativi che portino esempi e riflessioni utili.
Presidente,
è corretto secondo Lei che l’isolamento termico dell’involucro degli edifici sia trainante per la riqualificazione energetica? Non si rischia di modificare peggiorativamente sotto il profilo estetico l’aspetto architettonico degli edifici e delle città? In caso di vincoli urbanistici e paesaggistici si deve rinunciare alla riqualificazione energetica? Quale è inoltre la durabilità dei materiali che verranno impiegati e che si trovano oggi sul mercato per tali scopi? Chi garantisce che tra venti anni questi materiali reggano al decadimento?
È ovvio che questa stagione, che anche per questo non può essere ridotta ad un periodo limitato, ma deve diventare un processo ampio che permetta realmente di rinnovare il patrimonio edilizio nazionale,dovrà vedere anche una crescita continua della ricerca sull’efficacia di materiali e soluzioni innovative che riescano ad affinare sempre di più la qualità e la resa degli interventi. Poi è chiaro che dobbiamo tutti cambiare mentalità ed entrare nell’ordine di idee che solo la manutenzione costante nel tempo garantisce la vita dell’edificio e delle sue prestazioni.
Il confronto con i vincoli, specialmente sugli edifici storici, è una sfida per la tecnica degli interventi che dovranno trovare soluzioni compatibili, comunque capaci di migliorare il rendimento di quegli immobili. L’isolamento termico inteso ordinariamente come l’applicazione del cosiddetto cappotto esterno non è possibile sugli edifici storici, ma neanche su edifici recenti rivestiti in cortina o in altri materiali a faccia vista, dunque è chiaro che in questi casi si dovranno adottare altre soluzioni equivalenti. Credo che l’esperienza e la ricerca ci daranno le risposte per semplificare ed affinare la misura di legge, che in qualche modo dovrà passare da un provvedimento “una tantum”ad un regime ordinario.
Fino ad oggi in edilizia non ci si è preoccupati tanto di quali materiali venissero impiegati per la costruzione ma si sono cercati grandi risparmi in fase di cantiere a scapito della qualità della vita negli appartamenti, senza preoccuparsi dell’insonorizzazione dei piani orizzontali, dello spessore dei muri, cosa che invece gli antichi tecnici nostri maestri conoscevano bene.
Oggi assistiamo a questa corsa a rattoppare ciò che abbiamo, negli ultimi 50 anni, creato con le nostre stesse mani. Che scenario si profila, cosa lasciamo alle nuove generazioni? Correzioni future di errori che potremmo commettere oggi?
Il Paese è arrivato ad aver bisogno di un completo “restauro”. Dai tempi della ricostruzione post-bellica a cui è seguito il cosiddetto boom economico degli anni ’60 che ha corrisposto all’innovazione, per altro straordinaria, dell’impiego generalizzato del telaio in cemento armato nelle costruzioni, con relativo alleggerimento delle murature di tamponamento e dei solai, abbiamo assistito ad una vorticosa crescita edilizia che ha disseminato il territorio di edifici che certamente non erano concepiti per minimizzare i consumi energetici. Ma la cosa peggiore è che le costruzioni si sono diffuse in grande parte in assenza o fuori dalla pianificazione urbanistica e, dopo il 1967, anno della cosiddetta legge ponte, in modo del tutto abusivo, quindi in molti casi senza garanzia di rispetto delle minime norme di igiene edilizia. Questa massa di costruzioni, come sappiamo, ha aggredito il paesaggio italiano generando quindi degrado sia fuori che dentro le case. Provocando la situazione di rischio che vediamo drammaticamente esprimersi ad ogni alluvione o dissesto geologico. In una situazione simile è giusto dire che non si tratta di rattoppare qualcosa, ma di ricostruire il Paese. Se si pensa, solo per fare un esempio, che sulle pendici del Vesuvio, territorio ad alto rischio di una eventuale nuova eruzione, abitano circa 800.000 persone, che mai avrebbero dovuto insediarsi lì, ci si rende conto dell’entità del problema. Purtroppo non c’è traccia di quel grande piano di “ricostruzione” del territorio, del paesaggio, delle periferie urbane, delle città, d’Italia che tra l’altro potrebbe dare il via ad un nuovo “boom”economico in cui l’edilizia tornerebbe a svolgere la sua tradizionale funzione anticiclica, avendo non più l’espansione indiscriminata come obiettivo, ma la riqualificazione, la ricostruzione, la rigenerazione, la trasformazione dell’esistente. La crisi sanitaria mondiale ha portato a ragionare anche la commissione europea che si dispone ora a finanziare la ripresa dei singoli paesi. Sarebbe l’occasione per progettare la ricostruzione del paese e l’errore che possiamo fare oggi è proprio non avere questa visione che ci permetterebbe di rovesciare la crisi e lasciare alle future generazioni un mondo rinnovato e un diverso modo di viverci.